Nel 1928 si trasferisce a Milano, dove abita in corso di Porta Vittoria presso la sorella e, nel 1929, prende uno studio in via Solferino.
Dopo varie attività come cronista sportivo e assicuratore, trova impiego come correttore di bozze all’“Ambrosiano”, dove conosce Carlo Carrà. Nel 1930 esordisce con due paesaggi alla XVII Biennale di Venezia.
Conosce e stringe amicizia con il critico Edoardo Persico, che diffonde a Milano tra i giovani artisti (tra cui Guttuso, Manzù e Sassu) la lezione impressionista e primitivista in polemica contro i cliché del novecentismo: sono gli anni degli incontri al Bar Craja e al caffé Mokador e delle mostre alla Galleria del Milione, dove Birolli espone per la prima volta nel novembre 1930.
In questi anni scrive recensioni e articoli per numerosi quotidiani e riviste (l’”Ambrosiano”, “Il Brennero”, “L’Italia vivente”, il “Bollettino della Galleria del Milione”, “Quadrante”, “Il Ventuno”) ed espone in diverse sedi: alla Galleria romana di Pier Maria Bardi (1932), nella collettiva Dieci Pittori, alla VI Sindacale lombarda, all’esposizione di pittura franco-italiana di Londra e a quella di pittura italiana contemporanea di San Francisco. Dal 1932, vive e lavora in Piazzale Susa.
Dei primi anni milanesi restano opere come Il San Zeno pescatore (1931) e Il taxi rosso (1932), frutto di una “maniera chiara” da cui si allontana presto per tradurre gli accenti veneti del colore in un rinnovato espressionismo lirico (Il Caos, 1937).