Nato a Verona il 10 dicembre 1905, Renato Birolli è stato un protagonista indiscusso della ricerca pittorica e del dibattito culturale italiani degli anni 1930-1960. Pittore, ma anche saggista, critico e pensatore engagé, Birolli ha attraversato tre decenni di storia artistica sviluppando una ricerca pittorica variegata e coerente, improntata all’esplorazione delle infinite possibilità liriche del colore e del gesto pittorico come atto di libertà poetica, ma anche politica.
Pittore alle prime armi nella Milano dei primi anni Trenta, Birolli frequenta il critico Edoardo Persico, che diffonde la lezione impressionista e primitivista in polemica contro i cliché del Novecento artistico: sono gli anni degli incontri al bar Craja e al caffé Mokador e delle mostre alla Galleria del Milione, dove Birolli espone per la prima volta nel novembre 1930.
Di questi anni milanesi restano numerosi articoli e opere come Il San Zeno pescatore (1931) e Il taxi rosso (1932), frutto di una “maniera chiara” da cui si allontanerà presto per tradurre gli accenti veneti del colore in un espressionismo lirico incandescente (Il Caos, 1937).
Nella seconda metà degli anni Trenta, la frequentazione dei poeti ermetici e il primo soggiorno a Parigi (1936) – dove studia Delacroix, Renoir, Matisse, Van Gogh e Cézanne – modificano il suo modo di “sognare la realtà”, e il colore.
Nel 1938 è tra i fondatori del gruppo e della rivista “Corrente”, “periodico mensile di arte, letteratura e politica” alle cui attività prendono parte filosofi, letterati (De Grada, Anceschi, Bo) e artisti (Carrà, Guttuso, Fontana).
La rivista è soppressa nel giugno del 1940 dal partito fascista, ma “Corrente” prosegue le sue attività nella galleria Bottega di Corrente, che inaugura nel dicembre 1939 con una personale di Birolli.
Nel 1940 vince il secondo premio al Premio Bergamo, due anni dopo espone alla XXIII Biennale di Venezia (giugno-settembre 1942) e tiene una personale alla Galleria della Spiga.
Durante la guerra sfolla con la famiglia in una cascina a Cologno di Melegnano, dove lavora sui temi della vita contadina. Resta a testimonianza della sua partecipazione alla Resistenza nelle pianure lombarde la serie di disegni Italia ’44 (edizioni La Conchiglia, 1952).
Dopo la fine della guerra è tra i promotori del Fronte Nuovo delle Arti e soggiorna ancora una volta a Parigi (1947), dove incontra Picasso e frequenta i pittori astrattisti della Nouvelle école de Paris (Domínguez, Adam, Hartung).
In questo periodo tiene diverse personali a Venezia (Galleria del Cavallino, 1947) e a Milano (Galleria del Milione e dell’Annunciata, 1949), dove presenta gli esiti di un’esplorazione personale della sintassi post-cubista francese.
Dopo la dissoluzione del Fronte, aderisce al Gruppo degli Otto, presentato da Lionello Venturi alla XXVI Biennale di Venezia del 1952.
All’inizio degli anni Cinquanta conosce la gallerista americana Catherine Viviano: il 2 gennaio 1951 inaugura la sua prima personale newyorchese, che sarà seguita da altre due personali alla Viviano Gallery, nel 1955 e 1958.
Esasperato dal provincialismo ideologico della polemica sul neorealismo – cui tuttavia prende parte in prima linea –, negli anni Cinquanta trascorre lunghi periodi di lavoro in località di mare come Fosso Sejore (1953 e 1954), Isola Porto Buso (1951), Bocca di Magra (1952), Manarola (1955 e 1958), Tellaro (1956), Anversa (1957).
A questi periodi di “immersione nella natura”, vere e proprie “prove fisiche dell’evasione fantastica”, risalgono i Taccuini delle Marche, le serie celeberrime degli Incendi e delle Vendemmie nelle Cinque Terre (1955, 1958) e i Canti di Anversa (1957), in cui lo spazio fisico si scioglie nell’emozione del colore.
Del 1954 è la realizzazione della grande decorazione murale per la X Triennale di Milano e la partecipazione alla XXVII Biennale di Venezia.
L’anno successivo partecipa alla prima edizione della Documenta di Kassel (luglio-settembre 1955), mentre nel 1957 è presente con oltre cento opere del periodo 1946-1957 all’esposizione della Collezione Cavellini presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (maggio) e a La Chaux-de-Fonds (CH, gennaio 1958).
Colpito da un attacco di cuore, muore il 3 maggio 1959.
Pochi giorni dopo si inaugura una personale a Berlino (Haus am Waldsee), che tra il 1959 e l’inizio del 1960 tocca numerose città tedesche. Nello stesso periodo la LIV Biennale di Verona (maggio-giugno 1959) e la VIII Quadriennale di Roma (dicembre 1959-aprile 1960) gli dedicano una sala personale. L’anno seguente vedono la luce, a cura di Enrico Emanuelli, i suoi Taccuini, e la XXX Biennale di Venezia gli dedica una sala monografica (giugno-settembre 1960).