Nato a Verona il 10 dicembre 1905, Renato Birolli è stato un protagonista indiscusso della ricerca pittorica e del dibattito culturale italiani degli anni 1930-1960. Pittore, ma anche saggista, critico e pensatore engagé, Birolli ha attraversato tre decenni di storia artistica sviluppando una ricerca pittorica variegata e coerente, improntata all’esplorazione delle infinite possibilità liriche del colore e del gesto pittorico come atto di libertà poetica, ma anche politica.

Pittore alle prime armi nella Milano dei primi anni Trenta, Birolli frequenta il critico Edoardo Persico, che diffonde la lezione impressionista e primitivista in polemica contro i cliché del Novecento artistico: sono gli anni degli incontri al bar Craja e al caffé Mokador e delle mostre alla Galleria del Milione, dove Birolli espone per la prima volta nel novembre 1930.
Di questi anni milanesi restano numerosi articoli e opere come Il San Zeno pescatore (1931) e Il taxi rosso (1932), frutto di una “maniera chiara” da cui si allontanerà presto per tradurre gli accenti veneti del colore in un espressionismo lirico incandescente (Il Caos, 1937).Birolli nello studio di piazzale Susa, Milano, 1933

Nella seconda metà degli anni Trenta, la frequentazione dei poeti ermetici e il primo soggiorno a Parigi (1936) – dove studia Delacroix, Renoir, Matisse, Van Gogh e Cézanne – modificano il suo modo di “sognare la realtà”, e il colore. Birolli sul Pont des Arts Parigi 2 novembre 1936 wtm

Nel 1938 è tra i fondatori del gruppo e della rivista “Corrente”, “periodico mensile di arte, letteratura e politica” alle cui attività prendono parte filosofi, letterati (De Grada, Anceschi, Bo) e artisti (Carrà, Guttuso, Fontana).Birolli, Treccani e Morosini con una copia della rivista Corrente, 1938-40
La rivista è soppressa nel giugno del 1940 dal partito fascista, ma “Corrente” prosegue le sue attività nella galleria Bottega di Corrente, che inaugura nel dicembre 1939 con una personale di Birolli.
Nel 1940 vince il secondo premio al Premio Bergamo, due anni dopo espone alla XXIII Biennale di Venezia (giugno-settembre 1942) e tiene una personale alla Galleria della Spiga.Autoritratto davanti allo specchio firmato, 1940

Durante la guerra sfolla con la famiglia in una cascina a Cologno di Melegnano, dove lavora sui temi della vita contadina. Resta a testimonianza della sua partecipazione alla Resistenza nelle pianure lombarde la serie di disegni Italia ’44 (edizioni La Conchiglia, 1952).

Dopo la fine della guerra è tra i promotori del Fronte Nuovo delle Arti e soggiorna ancora una volta a Parigi (1947), dove incontra Picasso e frequenta i pittori astrattisti della Nouvelle école de Paris (Domínguez, Adam, Hartung).Birolli a Parigi, 1947Birolli e Morlotti nello studio parigino di Pablo Picasso, 1947
In questo periodo tiene diverse personali a Venezia (Galleria del Cavallino, 1947) e a Milano (Galleria del Milione e dell’Annunciata, 1949), dove presenta gli esiti di un’esplorazione personale della sintassi post-cubista francese.Birolli davanti all'olio su tela Minatori in riposo esposto a Parigi al Salon de Mai del 1950, poi distrutto, 1947
Dopo la dissoluzione del Fronte, aderisce al Gruppo degli Otto, presentato da Lionello Venturi alla XXVI Biennale di Venezia del 1952.

All’inizio degli anni Cinquanta conosce la gallerista americana Catherine Viviano: il 2 gennaio 1951 inaugura la sua prima personale newyorchese, che sarà seguita da altre due personali alla Viviano Gallery, nel 1955 e 1958. Birolli, Afro e la gallerista americana Catherine Viviano in piazza San Marco, in occasione della Biennale di Venezia, 1956

Esasperato dal provincialismo ideologico della polemica sul neorealismo – cui tuttavia prende parte in prima linea –, negli anni Cinquanta trascorre lunghi periodi di lavoro in località di mare come Fosso Sejore (1953 e 1954), Isola Porto Buso (1951), Bocca di Magra (1952), Manarola (1955 e 1958), Tellaro (1956), Anversa (1957).Birolli al lavoro sull'olio su tela Sezione di mare, 1954
A questi periodi di “immersione nella natura”, vere e proprie “prove fisiche dell’evasione fantastica”, risalgono i Taccuini delle Marche, le serie celeberrime degli Incendi e delle Vendemmie nelle Cinque Terre (1955, 1958) e i Canti di Anversa (1957), in cui lo spazio fisico si scioglie nell’emozione del colore.
Del 1954 è la realizzazione della grande decorazione murale per la X Triennale di Milano e la partecipazione alla XXVII Biennale di Venezia.

L’anno successivo partecipa alla prima edizione della Documenta di Kassel (luglio-settembre 1955), mentre nel 1957 è presente con oltre cento opere del periodo 1946-1957 all’esposizione della Collezione Cavellini presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (maggio) e a La Chaux-de-Fonds (CH, gennaio 1958).Birolli nello studio di via Montenapoleone, Milano, 1959

Colpito da un attacco di cuore, muore il 3 maggio 1959.

Pochi giorni dopo si inaugura una personale a Berlino (Haus am Waldsee), che tra il 1959 e l’inizio del 1960 tocca numerose città tedesche. Nello stesso periodo la LIV Biennale di Verona (maggio-giugno 1959) e la VIII Quadriennale di Roma (dicembre 1959-aprile 1960) gli dedicano una sala personale. L’anno seguente vedono la luce, a cura di Enrico Emanuelli, i suoi Taccuini, e la XXX Biennale di Venezia gli dedica una sala monografica (giugno-settembre 1960).

Renato Birolli nasce a Verona il 10 dicembre 1905 da famiglia operaia: “Come figlio di panettiere, a sei anni abitavo nel Panificio Comunale di Verona, Rione Campofiore” (ACGV/FB). Birolli a Verona, 1920

Si diploma in ragioneria secondo la volontà paterna ed entra come allievo ufficiale nel corpo di artiglieria armata. Nel 1925 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Verona “C. B. Cignaroli”, dove frequenta i corsi di pittura di Trentini, Nardi e Girelli.Birolli studente a Verona 1924 wtmRitratto giovanile, anni Venti

Durante il terzo anno è espulso dall’Accademia veronese per “indisciplina e per eccessi nel canto”.Birolli sui tetti di Pavia con alle spalle la cupola del Duomo, 1927

Nel 1928 si trasferisce a Milano, dove abita in corso di Porta Vittoria presso la sorella e, nel 1929, prende uno studio in via Solferino. Birolli nello studio di piazzale Susa, Milano, 1933

Dopo varie attività come cronista sportivo e assicuratore, trova impiego come correttore di bozze all’“Ambrosiano”, dove conosce Carlo Carrà. Nel 1930 esordisce con due paesaggi alla XVII Biennale di Venezia.

Conosce e stringe amicizia con il critico Edoardo Persico, che diffonde a Milano tra i giovani artisti (tra cui Guttuso, Manzù e Sassu) la lezione impressionista e primitivista in polemica contro i cliché del novecentismo: sono gli anni degli incontri al Bar Craja e al caffé Mokador e delle mostre alla Galleria del Milione, dove Birolli espone per la prima volta nel novembre 1930. Birolli con Guttuso a Milano, 1933-34

In questi anni scrive recensioni e articoli per numerosi quotidiani e riviste (l’”Ambrosiano”, “Il Brennero”, “L’Italia vivente”, il “Bollettino della Galleria del Milione”, “Quadrante”, “Il Ventuno”) ed espone in diverse sedi: alla Galleria romana di Pier Maria Bardi (1932), nella collettiva Dieci Pittori, alla VI Sindacale lombarda, all’esposizione di pittura franco-italiana di Londra e a quella di pittura italiana contemporanea di San Francisco. Dal 1932, vive e lavora in Piazzale Susa. Birolli nello studio di piazzale Susa, Milano, 1933 

Dei primi anni milanesi restano opere come Il San Zeno pescatore (1931) e Il taxi rosso (1932), frutto di una “maniera chiara” da cui si allontana presto per tradurre gli accenti veneti del colore in un rinnovato espressionismo lirico (Il Caos, 1937). Birolli nel suo studio di Milano, anni Trenta, autoritratto con cornice e tavolozza

Alla metà degli anni Trenta, Renato Birolli si accosta a Quasimodo e ai poeti ermetici: “Costoro modificavano il mio modo di sognare la realtà”, ricorderà nei TaccuiniBirolli nello studio di Milano, seconda metà degli anni Trenta

Nel 1936 soggiorna per la prima volta a Parigi, dove incontra Lionello Venturi in esilio e studia Corot, Manet, Delacroix, Braque, Renoir, Matisse, Van Gogh e Cézanne. Birolli sul Pont des Arts, Parigi, 2 novembre 1936

Risale allo stesso periodo il sodalizio intellettuale con il critico Sandro Bini, che nel 1937 scrive l’introduzione ai 46 disegni delle Metamorfosi, pubblicati da Campografico. Viene arrestato e licenziato dal posto di lavoro all’“Ambrosiano” per motivi politici.

Nel 1938 sposa Rosa Rossi, la Ro, da cui avrà due figli, Zeno e Marco. Birolli nello studio di piazzale Susa, ritratto con l'olio su tela Le signorine Rossi, 1938

Nello stesso periodo, Renato Birolli è tra i fondatori del gruppo e della rivista “Corrente”, già “Vita Giovanile”, “periodico mensile di arte, letteratura e politica” fondato da Ernesto Treccani il primo di gennaio del 1938 con un programma di rinnovamento intellettuale e di apertura europea dell’arte italiana. Birolli, Treccani e Morosini con una copia della rivista Corrente, 1938-40Autoritratto davanti allo specchio firmato, 1940

La rivista, attiva dal 10 gennaio 1938 al 31 maggio 1940, è soppressa nel giugno del 1940 dal segretario del partito fascista Scorza. “Corrente” prosegue comunque le sue attività, grazie anche al sostegno del collezionista Alberto della Ragione, nella galleria Bottega di Corrente, che si inaugura nel dicembre 1939 proprio con una personale di Birolli (12-24 dicembre). Per “Corrente”, Birolli pubblica numerosi articoli, tra cui una serie di testi dedicati alla città e Aspetti non privati dell’artista (31 maggio 1940).

Nel 1940 vince il secondo premio al Premio Bergamo. L’anno seguente soggiorna in Valpolicella e ottiene la prima monografia, a firma di Sandro Bini per le edizioni di Corrente.Birolli con gli amici di Corrente al IV Premio Bergamo, 1942. Da sinistra Birolli, Vedova, Guttuso, Morosini, Valsecchi, Migneco, Peverelli

Nel 1942 espone alla XXIII Biennale di Venezia (giugno-settembre) con un’ampia selezione di opere e tiene una personale alla Galleria della Spiga – già Bottega di Corrente – con una presentazione di Salvatore Quasimodo.

Durante la guerra, Renato Birolli è costretto a sfollare con la famiglia in una cascina a Cologno di Melegnano, dove lavora sui temi della vita contadina.Birolli a Cologno di Melegnano, 20 marzo 1945Birolli, Le messi di guerra, "Italia '44", inchiostro su carta, 1944

La partecipazione di Birolli alla Resistenza trova testimonianza nella serie di disegni Italia ‘44, esposta a Milano nel maggio del 1945 in una personale alla galleria Santa Radegonda. Nel 1943 pubblica Sedici Taccuini, prima edizione delle sue note di pittura.Foto scattata da Birolli nelle campagne lombarde durante gli anni della guerra

In questi anni si dedica al disegno, alla fotografia e dipinge opere come Ritratto di Ro’ (1940), Elegia per un paese felice (1942), Girasoli (1943), testimonianze di un’adesione partecipativa al reale che trova sfogo sulla tela, al di là degli orrori della guerra, in una diversa felicità del colore.

Nel 1946 è tra i promotori della Nuova Secessione Artistica, poi Fronte Nuovo delle Arti, che nel 1948 ottiene una sala alla XXIV Biennale di Venezia, con opere, tra gli altri, di Birolli, Guttuso, Corpora, Santomaso, Morlotti e Vedova.

Nel 1947 trascorre un lungo periodo a Parigi con Morlotti come borsista dello stato francese.Birolli a Parigi, 1947Birolli e la moglie Rosa a Parigi, 1947

Qui conosce Pablo Picasso e frequenta i pittori del filone astrattista della nouvelle école de Paris, tra cui Óscar Domínguez, Henri-Georges Adam, Nicolas de Staël, Édouard Pignon, Jean Bazaine, Hans Hartung. Birolli e Morlotti nello studio parigino di Pablo Picasso, 1947Birolli con Adam, sua moglie e Severini in occasione di una personale di quest'ultimo alla galleria Billiet-Caputo, Parigi, 1947

Risale al 1947 l’incontro con Achille Cavellini, che acquista La donna e la luna, Le cupole di San Marco e la serie di disegni Italia ’44, e diviene in breve tempo il suo principale collezionista. Nell’agosto e nel novembre dello stesso anno espone alla galleria del Cavallino di Venezia e alla galleria dell’Annunciata di Milano, dove presenta gli esiti di un’esplorazione personale della sintassi post-cubista francese. Dopo la dissoluzione del Fronte, aderisce al Gruppo degli Otto, presentato da Lionello Venturi alla XXVI Biennale di Venezia del 1952.

Nel 1948 espone alla Galleria Sandri di Venezia e alla Prima Mostra nazionale d’arte contemporanea di Bologna, che suscita il sarcasmo di Palmiro Togliatti; poco tempo dopo, a seguito di polemiche interne e dell’irrigidirsi delle posizioni del P.C.I. a favore di un’arte neorealista, il Fronte Nuovo delle Arti si spezza, anche se nominalmente continuerà le sue attività fino al 1950.

Nel 1949, Birolli tiene due personali a Milano (Galleria del Milione e dell’Annunciata) e trascorre alcuni mesi in Francia e in Bretagna, in particolare a La Trinité-sur-Mer, che gli ispira opere come Pescivendola bretoneBirolli davanti all'olio su tela Minatori in riposo esposto a Parigi al Salon de Mai del 1950, poi distrutto, 1947

 

A partire dall’inizio degli anni Cinquanta trascorre lunghi periodi di solitudine e di lavoro in diverse località di mare: a Isola di Porto Buso vicino a Grado (1951), a Bocca di Magra (1952) e a Fosso Sejote (1950, 1953 e 1954).Birolli nello studio di via Plinio mentre distende una rete da pesca, Milano, 1951

A questi periodi di « immersione nella natura », vere e proprie « prove fisiche dell’evasione fantastica », risalgono i Taccuini delle Marche e opere dal segno vibrante come Necropoli etrusca. Birolli durante il suo primo soggiorno estivo nelle Marche, 1950Birolli al lavoro sull'olio su tela Sezione di mare, 1954

In questi stessi anni partecipa attivamente al dibattito sul neorealismo e firma alcuni testi polemici, tra cui Courbet e il realismo (1949), Il lavoro nella pittura italiana (1950) e l’intervento presentato il 19 gennaio 1953 al Gabinetto Vieusseux di Firenze. Birolli nello studio di via Plinio, Milano, 1950

Nel 1951 tiene la prima personale a New York presso la Catherine Viviano gallery, con una presentazione di Lionello Venturi. Le tre personali e altrettante collettive (1953, 1956, 1970) che la Viviano organizzerà intorno all’attività di Birolli contribuiranno alla diffusione della sua opera nelle collezioni americane.

Nel 1952 aderisce al Gruppo degli Otto (Afro Basaldella, Renato Birolli, Antonio Corpora, Mattia Moreni, Ennio Morlotti, Giuseppe Santomaso, Giulio Turcato, Emilio Vedova), presentato da Lionello Venturi alla XXVI Biennale di Venezia, dove Birolli è presente con una sala personale.

Nello stesso periodo, le edizioni della Conchiglia pubblicano il volume Italia ’44.

Nel 1953 viaggia in Spagna durante la primavera e trascorre l’estate a Fosso Sejore, dove firma il Taccuino delle Marche. L’anno dopo realizza une grande decorazione murale per la X Triennale di Milano e partecipa alla XXVII Biennale di Venezia. Foto di gruppo all'inaugurazione della collezione Cavellini, Brescia, 10 maggio 1953. Da sinistra Birolli, Moreni, Corpora, Vedova, Morlotti, Cavellini, Afro, Santomaso

Nel 1955 tiene la seconda personale alla Catherine Viviano gallery (31 gennaio – 26 febbraio) ed espone alla prima edizione della Documenta di Kassel (luglio-settembre). Birolli, Afro e la gallerista americana Catherine Viviano in piazza San Marco, in occasione della Biennale di Venezia, 1956

Trascorre l’estate a Manarola, dove dipinge le serie delle Vendemmie e degli Incendi delle Cinque Terre (1955, 1958), in cui lo spazio fisico si scioglie nell’emozione del colore. Birolli a Manarola con il figlio Marco, 1955Ben accolte dalla critica e dalla stampa, le opere di quest’ultima stagione gli valgono il Premio La Spezia, il terzo premio al Carnegie Institute di Pittsburgh e il Premio Lissone. Nel 1956 trascorre l’estate a Tellaro e viaggia per la prima volta in Germania.

Tra la fine del 1956 e il maggio del 1957 trascorre diversi mesi ad Anversa, dove dà avvio al ciclo pittorico dei Canti. Dopo il rientro a Milano viaggia brevemente a Parigi e a Londra.

Nel maggio 1957 è presente con oltre cinquanta opere e con i disegni della Resistenza all’esposizione della Collezione Cavellini alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e a La Chaux-de-Fonds, in Svizzera (gennaio 1958).

Nel 1958 prende parte alla XXIX Biennale di Venezia in qualità di commissario e in marzo parte per New York, dove il mese successivo si inaugura la sua terza personale alla Catherine Viviano gallery, con opere del periodo di Anversa; in occasione di questo viaggio ha occasione di confrontarsi con le ultime tendenze dell’action painting, che studia con interesse pur senza aderirvi. Birolli nello studio di via Montenapoleone, Milano, 1959Birolli nello studio di via Montenapoleone, Milano, 1959

Rientrato in marzo da un breve viaggio in Germania, muore il 3 maggio 1959, stroncato da un attacco di cuore.

Pochi giorni dopo si inaugura una personale a Berlino (Haus am Waldsee), che tra il 1959 e l’inizio del 1960 tocca numerose città tedesche. Nello stesso periodo la LIV Biennale di Verona (maggio-giugno 1959) e la VIII Quadriennale di Roma (dicembre 1959-aprile 1960) gli dedicano una sala personale, mentre tra ottobre e novembre si inaugura, presso la Galleria La Nuova Pesa di Roma, Italia ‘44, personale dedicata ai disegni della Resistenza che, nel corso del 1960, visita diverse città italiane. L’anno seguente vedono la luce, a cura di Enrico Emanuelli, i suoi Taccuini, e la XXX Biennale di Venezia gli dedica una sala monografica (giugno-settembre 1960).

Nato a Verona il 10 dicembre 1905, Renato Birolli è stato un protagonista indiscusso della ricerca pittorica e del dibattito culturale italiani degli anni 1930-1960. Pittore, ma anche saggista, critico e pensatore engagé, Birolli ha attraversato tre decenni di storia artistica sviluppando una ricerca pittorica variegata e coerente, improntata all’esplorazione delle infinite possibilità liriche del colore e del gesto pittorico come atto di libertà poetica, ma anche politica.

Pittore alle prime armi nella Milano dei primi anni Trenta, Birolli frequenta il critico Edoardo Persico, che diffonde la lezione impressionista e primitivista in polemica contro i cliché del Novecento artistico: sono gli anni degli incontri al bar Craja e al caffé Mokador e delle mostre alla Galleria del Milione, dove Birolli espone per la prima volta nel novembre 1930.
Di questi anni milanesi restano numerosi articoli e opere come Il San Zeno pescatore (1931) e Il taxi rosso (1932), frutto di una “maniera chiara” da cui si allontanerà presto per tradurre gli accenti veneti del colore in un espressionismo lirico incandescente (Il Caos, 1937).Birolli nello studio di piazzale Susa, Milano, 1933

Nella seconda metà degli anni Trenta, la frequentazione dei poeti ermetici e il primo soggiorno a Parigi (1936) – dove studia Delacroix, Renoir, Matisse, Van Gogh e Cézanne – modificano il suo modo di “sognare la realtà”, e il colore. Birolli sul Pont des Arts Parigi 2 novembre 1936 wtm

Nel 1938 è tra i fondatori del gruppo e della rivista “Corrente”, “periodico mensile di arte, letteratura e politica” alle cui attività prendono parte filosofi, letterati (De Grada, Anceschi, Bo) e artisti (Carrà, Guttuso, Fontana).Birolli, Treccani e Morosini con una copia della rivista Corrente, 1938-40
La rivista è soppressa nel giugno del 1940 dal partito fascista, ma “Corrente” prosegue le sue attività nella galleria Bottega di Corrente, che inaugura nel dicembre 1939 con una personale di Birolli.
Nel 1940 vince il secondo premio al Premio Bergamo, due anni dopo espone alla XXIII Biennale di Venezia (giugno-settembre 1942) e tiene una personale alla Galleria della Spiga.Autoritratto davanti allo specchio firmato, 1940

Durante la guerra sfolla con la famiglia in una cascina a Cologno di Melegnano, dove lavora sui temi della vita contadina. Resta a testimonianza della sua partecipazione alla Resistenza nelle pianure lombarde la serie di disegni Italia ’44 (edizioni La Conchiglia, 1952).

Dopo la fine della guerra è tra i promotori del Fronte Nuovo delle Arti e soggiorna ancora una volta a Parigi (1947), dove incontra Picasso e frequenta i pittori astrattisti della Nouvelle école de Paris (Domínguez, Adam, Hartung).Birolli a Parigi, 1947Birolli e Morlotti nello studio parigino di Pablo Picasso, 1947
In questo periodo tiene diverse personali a Venezia (Galleria del Cavallino, 1947) e a Milano (Galleria del Milione e dell’Annunciata, 1949), dove presenta gli esiti di un’esplorazione personale della sintassi post-cubista francese.Birolli davanti all'olio su tela Minatori in riposo esposto a Parigi al Salon de Mai del 1950, poi distrutto, 1947
Dopo la dissoluzione del Fronte, aderisce al Gruppo degli Otto, presentato da Lionello Venturi alla XXVI Biennale di Venezia del 1952.

All’inizio degli anni Cinquanta conosce la gallerista americana Catherine Viviano: il 2 gennaio 1951 inaugura la sua prima personale newyorchese, che sarà seguita da altre due personali alla Viviano Gallery, nel 1955 e 1958. Birolli, Afro e la gallerista americana Catherine Viviano in piazza San Marco, in occasione della Biennale di Venezia, 1956

Esasperato dal provincialismo ideologico della polemica sul neorealismo – cui tuttavia prende parte in prima linea –, negli anni Cinquanta trascorre lunghi periodi di lavoro in località di mare come Fosso Sejore (1953 e 1954), Isola Porto Buso (1951), Bocca di Magra (1952), Manarola (1955 e 1958), Tellaro (1956), Anversa (1957).Birolli al lavoro sull'olio su tela Sezione di mare, 1954
A questi periodi di “immersione nella natura”, vere e proprie “prove fisiche dell’evasione fantastica”, risalgono i Taccuini delle Marche, le serie celeberrime degli Incendi e delle Vendemmie nelle Cinque Terre (1955, 1958) e i Canti di Anversa (1957), in cui lo spazio fisico si scioglie nell’emozione del colore.
Del 1954 è la realizzazione della grande decorazione murale per la X Triennale di Milano e la partecipazione alla XXVII Biennale di Venezia.

L’anno successivo partecipa alla prima edizione della Documenta di Kassel (luglio-settembre 1955), mentre nel 1957 è presente con oltre cento opere del periodo 1946-1957 all’esposizione della Collezione Cavellini presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (maggio) e a La Chaux-de-Fonds (CH, gennaio 1958).Birolli nello studio di via Montenapoleone, Milano, 1959

Colpito da un attacco di cuore, muore il 3 maggio 1959.

Pochi giorni dopo si inaugura una personale a Berlino (Haus am Waldsee), che tra il 1959 e l’inizio del 1960 tocca numerose città tedesche. Nello stesso periodo la LIV Biennale di Verona (maggio-giugno 1959) e la VIII Quadriennale di Roma (dicembre 1959-aprile 1960) gli dedicano una sala personale. L’anno seguente vedono la luce, a cura di Enrico Emanuelli, i suoi Taccuini, e la XXX Biennale di Venezia gli dedica una sala monografica (giugno-settembre 1960).